10^ Edizione
Questa volta metti in scena… TE STESSO
Si definisce gioco qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati se non la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive.
Il gioco è filo rosso che legava il tema ..te stesso all’omaggio a Miela Reina della 10^ edizione del concorso, anno scolastico 2014-2015.
Questa Volta metti in scena… TE STESSO cioè “mettere in scena…se stessi” poteva intendersi come “mettersi in gioco” e indurre i giovani ad indagare sulla loro identità. E il gioco era uno degli elementi su cui si fondava il metodo educativo adottato da Miela Reina. Un’insegnante che portò nuove soluzioni nella didattica e che si caratterizzavano dalla partecipazione collettiva e dalla sperimentazione in tutti gli ambiti delle arti visive, musicali, performative; ma anche un’artista che avrebbe compiuto 80 anni proprio nel 2015.
Lo sviluppo del tema del concorso è stato preceduto dalla proiezione nelle scuole aderenti al progetto del docu-film Rai di Paola Bonifacio e per la regia di Piero Pieri Un’abilissima giocatrice – Miela Reina e l’Arte Viva, al fine di dare ulteriori spunti e far conoscere un po’ di più quest’artista.
Numerosa è stata la partecipazione degli studenti e internazionale la giuria, composta da Majda Božeglav Japelj, curatrice delle Obalne Galerije, Piran, Paolo Tassinari, assessore alla cultura del Comune di Trieste, Alessandro Rosada, direttore della Galleria Torbandena, Hari Bertoja e Davide Salucci due studenti vincitori in una edizione precedente e l’ideatrice del progetto Lorena Matic.
Alla cerimonia di premiazione Roberto Tigelli e Piero Conestabo, ex allievi di Miela Reina hanno portato la loro testimonianza e la scuola Primaria Ippolito Nievo di Premariacco, Udine era presente con un video sul tema; a seguire due esposizioni all’ IT Deledda – Fabiani, scuola capofila del progetto e al Teatro Miela di Trieste.
Nella seconda parte gli stage formativi Mettiamoci all’Opera realizzati in collaborazione con la Obalne Galerije Piran. Un ciclo di incontri a Trieste, Udine e Capodistria con 3 visiting professor: Belinda De Vito, scenografa, Sandra Kocjančič designer del gioiello e Debora Vrizzi, video artista e direttore della fotografia in ambito cinematografico.
Mostra conclusiva con i lavori realizzati dagli studenti, assieme alle opere dei visiting professor alla Galleria Medusa di Capodistria.
Mettiamoci all’OPERA
Stage formativi
con Sandra Kocjančič – designer del gioiello
Belinda De Vito – scenografa
Debora Vrizzi – video artista e direttore della fotografia
Ginnasio G.Rinaldo Carli di Capodistria
Liceo artistico E. e U. Nordio di Trieste
Liceo artistico G. Sello di Udine
Sandra Kocjančič è nata Capodistria, Slovenia il 20 febbraio 1976.
E’ una designer del gioiello che usa per le sue creazioni materiali come l’oro, l’argento, il rame in combinazione con pietre preziose, perle, metalli, materiali meno preziosi o materiali di riciclo.
Usa una particolare tecnica di lavorazione con l’uncinetto che le permette di progettare vari pattern, il che significa una grande varietà di creazioni finali eccellenti.
La sua collezione di gioielli consiste in una vasta gamma di collane, bracciali, anelli, cappelli, ecc. che sono esposti nelle gallerie più note, per lo più a Lubiana, Trieste e Madrid.
Collabora con alcuni giovani fashion designer e stilisti, in questo caso il suo gioiello viene usato come completamento delle loro creazioni con l’inserimento dei suoi gioielli direttamente nell’abito.
Questa particolare tecnica è interessante per ottenere una nuova gamma di accessori soprattutto per una moda con ornamenti di alto livello.
Nata a Trieste nel 1970.
Laureata con lode in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dopo le prime esperienze teatrali al fianco di Pier Paolo Bisleri nel corso degli anni ’90, approfondisce la ricerca nel campo in produzioni di Compagnia Arearea, Teatro Stabile Friuli Venezia Giulia, Teatro Club Udine, ERT Friuli Venezia Giulia, CTA Gorizia, Centrale Fies, approdando parallelamente al cinema e maturando esperienze con Paola Comencini e Marta Maffucci, Davide Del Degan e Ivan Bormann.
Tra gli allestimenti ideati per eventi e video: ITS-International Talent Support dal 2006 al 2011; Maravee 2011-2014; “Malick Sidibe’. Il ritratto del Mali”- White Circus; “Red Bull Flugtag”; evento privato internazionale per Nespresso; set video per Generali Group; “Sensations” videoclip per il chitarrista Andrea Vettoretti (insieme a Davide Del Degan e Fabio Bressan).
Attualmente collabora con Snaidero.
Video artista e direttore della fotografia.
Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, successivamente ha un’esperienza lavorativa nella moda, nel 2006 si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Esposizioni principali: La posa e il movimento.
Visioni tra cinema e fotografia in Francia e in Italia, MAXXI, Roma; Video(art) prosumers, Loop Festival, Barcellona; VideoArt YearBook, Bologna,2014; Artype, Basilica Palladiana, Vicenza; 49a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro, 2013; Festival Internazionale del Film di Roma; Mise-en-scène, offiCina, Factory 798, Pechino 2009.
Alcuni progetti di cui ha diretto la fotografia hanno partecipato al TIFF, alla Mostra del Cinema di Venezia, alla Berlinale.
E’ stata selezionata in diversi concorsi:Berlinale Talents, 2015;FIVA Festival Internacional de videoarte, Buenos Aires, 2014;Premio Arte Rugabella, Milano, 2013;Premio Kodakall’Arcipelago Festival Internazionale, Roma, 2010;Premio Pitti Immagine, IT’s Photo # 7, Trieste;91° collettiva giovani artisti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, 2007.
Il Concorso
Ospiti
Alla cerimonia di premiazione in armonia con il tema del concorso: PIERO CONESTABO e ROBERTO TIGELLI ex alunni di Miela Reina con i racconti e la loro esperienza di alunno trascorsa con questa insegnante così speciale e così indimenticata hanno portato la loro testimonianza.
La classe 5A con la maestra Giuliana Fedele della SCUOLA PRIMARIA IPPOLITO NIEVO di Premariacco, Udine è intervenuta con un video da loro realizzato sul tema “…TE STESSO”…perché è importante anche il punto di vista dei più piccoli.
CERIMONIA DI PREMIAZIONE
Opere premiate
Omaggio a MIELA REINA
Miela, in realtà si chiamava Maria Francesca, non rispondeva mai al suo nome, come se fosse un nome sbagliato. Un giorno la sorella, maggiore di due anni (mia mamma), stava mangiando una mela, in cucina c’era anche del miele, e sovrappensiero esclamò: Miela. Per la prima volta Maria Francesca si voltò. Sua madre, che aveva osservato la scena, decise in quel momento che il nome Miela poteva andare bene, e Miela restò.
LUCIA BUDINI
Maria Francesca Reina, nasce a Trieste il 31 agosto 1935, da Giuseppe Reina siciliano e Aurelia Cesari triestina. Dopo gli studi classici frequenta l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Inizia ad insegnare nel 1959 a Trieste alle scuole medie e all’Istituto statale d’arte U.Nordio. Dal 1961 al 1963 con l’amico artista Enzo Cogno dirige la Galleria La Cavana; successivamente fa parte del gruppo Arte Viva, fondato da Carlo De Incontrera; nel 1964 forma Raccordosei con Caraian, Chersicla, Cogno, Palcich e Perizi Attivissima, sperimenta con il Centro Operativo di Arte Viva (Carlo De Incontrera, Miela Reina, Enzo Cogno, Lauro Crisman, Piccolo Sillani) tutti gli ambiti delle arti visive, musicali, performative, scenografiche. Muore prematuramente il 15 gennaio 1972.
Lorena Matic, curatrice del progetto QUESTA VOLTA METTI IN SCENA…nonché artista visivo ha incontrando gli ex alunni di Miela Reina, li ha ritratti ed ha raccolto i ricordi che la loro indimenticata insegnante ha lasciato nei loro cuori.
Testimonianze degli ex alunni
Niente matite, né pennelli, né gomme, ma ritagli di stoffa con cui comporre allegri e variopinti collages. Taglierini con cui scavare la polpa delle patate per ricavarne semplici e divertentissimi timbri intingendoli nel colore. La mia coccinella le piacque molto. O per ottenere i graffiti incidendo una mano di tempera stesa su pastelli a cera. Il grande Pinocchio di cartone con tanto di snodi. E il grande murales cui partecipò tutta la scuola, decorando a ducotone, in piena libertà e fantasia, il muro del cortile: io dipinsi un’ enorme farfalla… Ma in una tarda mattinata di fine gennaio, una triste e inaspettata notizia interruppe la lezione d’inglese, lasciandoci attoniti e sbalorditi…Molti scoppiarono in lacrime…E nel gelido mattino di qualche giorno dopo l’accompagnammo per l’ultimo saluto.
GABRIELLA ABILE
Me la ricordo simpatica. Quando aveva un attimo di tempo nell’attesa che noi finissimo qualche compito che ci aveva dato da fare in classe, si metteva alla scrivania e tagliando, incollando, piegando, assemblando, in un continuo lavorio era intenta a progettare le sue opere. Mi è rimasta impressa nella mente una domanda che mi fece: Cosa ne pensi Roberto, secondo te l’artista diventa artista acclamato solo dopo morto? Mmi fece riflettere a lungo sul perché di questa domanda considerato che dopo poco lei se ne andò…
ROBERTO BORTOLUCCI
Era particolarmente sensibile, creativa, disponibile e moderna; seguiva ogni allievo entrando in sintonia e dando un aiuto a ognuno. Sapeva farci fare la sua materia in modo curioso, partecipando alla sua personalità; le nature morte non erano tradizionali, portava in classe teste di motori, ammortizzatori, oggetti completamente diversi dalla didattica ed io ne ero affascinato. Ci faceva osservare forme, ombre, dandoci libertà d’espressione e d’interpretazione; fu il germe per farmi continuare ad usare il disegno anche nel mio lavoro. E’ stata capace di darci un’esperienza di vita.
RENATO CHICCO
Quell’anno fu una favola. Era un modello per tutte le ragazze, vestiva in modo perfetto e mi piaceva come camminava. Un giorno tirò fuori dal pennaiolo un fiammifero, lo girò e rigirò finché divenne una scultura, mi resi conto di come si può usufruire di tutto per realizzare qualcos’altro, fu un insegnamento per me. Con gli altri professori tutto era divieto e dovere, con lei si poteva tutto: usare tutti i colori, mescolarli tutti assieme, sperimentare tutti i materiale, la sua non era una sfida ma una scommessa.
DANIELA CLIMICH
Non la vedevi come una professoressa, era qualcosa di più, era una di noi. Ti chiedeva: “tu cosa vuoi fare?” e tu eri libero, non era la sua sfida ma la tua. E mi disse: “io non devo farti fare quello che voglio io, ma aiutarti a farti fare quello che vuoi tu”.
PIERO CONESTABO
La prima volta che la vidi fu un colpo di fulmine, per me era bellissima!
E quando si faceva disegno dal vero in circolo tutti seduti, lei passava e si sedeva sempre vicino a me e questo mi riempiva di gioia.
GIUSEPPE D’AMORE
Ti faceva sentire unica, nella tua diversità, per cui mi sentivo libera d’esprimere e creare senza conformismi che avrebbero mortificato l’espressione ancora molto scevra da condizionamenti, comunicava con grande dolcezza, aveva instaurato un rapporto confidenziale che non superava mai i limiti del rispetto, che naturalmente risultava reciproco, mi chiamava con un diminutivo “lella” con cui ho continuato a firmare i miei lavori per lungo tempo.
Posso dire con certezza che l’amore per l’arte, quella che può essere espressa con tutto ciò che vive dentro e intorno a noi, ma che ha sempre una connotazione molto distinguibile perché spesso nasce da un moto dell’anima, ed ognuno ha la sua, me l’ha tramesso Lei, con il suo sorriso dolce e ironico che trasmetteva un messaggio importante per un ‘artista in erba, ed era quello di non prendersi mai troppo sul serio.
DANIELA FICHERA
Silenziosissima, molto riservata, raramente scherzava perché era presa dal suo mondo.
L’aula da disegno dal vero, ognuno sulla sua seggiolina-panchetta e il supporto con il foglio per il disegno a carboncino davanti, la luce fioca attorno e centrata sulla natura morta, ad ognuno uno spicchio riservato per vedere gli oggetti e la sua figura esile. Con il caschetto biondo, gli occhiali e la sigaretta in bocca, in atteggiamento austero ma amorevole dava suggerimenti per svolgere il lavoro. Ho un bel ricordo di quell’insegnante.
FRANCESCO GERZEL
Portavamo un lungo grembiule, entrò in classe, ci mise in semicerchio, ci passò vicino e guardandoci negli occhi disse: “spogliatevi! per essere dei veri artisti bisogna essere anche vestiti da artisti”. Una volta tolto il grembiule disse: “ora disegnate”. Adorava la pop art, l’esplosione di colori, l’optical, il bianco e nero e se noi ci vestivamo così, non dico alla moda, ma con una corrente d’espressione era felice. Svuotava la sua borsetta sul tavolo e disegnavamo le cose così come erano cadute senza spostarle, perché “questa è la vera arte” diceva. Non correggeva il tuo disegno ma faceva dei disegnini intorno sul tuo foglio o sulla mano o sulla carta della merenda. Una volta finito ti chiedeva: “e ora cosa potrebbe diventare? Stravolgilo!” voleva tu dessi un’altra vita. Aveva un forte senso della vita. Eravamo tutti innamorati di lei. Canticchiava scendendo le scale e aveva un buon profumo, ma non di profumo, nella sua borsetta non c’era, era l’odore della Reina.
MARA GIORGINI
Un disegno non lo correggeva mai, perché era la tua interpretazione, non diceva mai che è sbagliato, ma che poteva essere migliorato. Potevamo disegnare quello che volevamo, io allora ero appassionato di soldatini che disegnavo tutti su una stessa linea. Pur esaltando i miei disegni, un giorno mi chiamò facendomi osservare i soldatini e lo sfondo, fu così che mi insegnò la prospettiva, non dal libro ma osservando direttamente, con la pratica.
MAURO MARCOLIN
Indossava capi coloratissimi, cappotto giallo, gonna verde e maglione viola, portava i mocassini e ricordo un gioiello che aveva: un collarino d’acciaio con un medaglione di plexiglass al centro. Aveva un atteggiamento nel tenere la sigaretta; si toccava la punta del naso. Riempiva la stanza; ci faceva disegnare le sue “macchine impossibili”, per esempio la macchinetta che trasforma la pioggia in cubetti di ghiaccio. Un giorno mi regalò un paio di forbicine che tutt’ora conservo preziosamente.
ISABELLA OPASSI
Parlava sottovoce, potevamo alzarci dai nostri banchi però si raccomandava di parlare sottovoce, perché non ci sentissero le altre classi e il Preside. Disegnava sempre, si vestiva benissimo e come trucco una riga sopra l’occhio, rossetto pallido e unghia corte. Aveva degli ombrelli coloratissimi. Ricordo in particolare una giornata uggiosa, arrivò assorta nei suoi pensieri, indossava un impermeabile, cappellino e trombini gialli, per entrare a scuola bisognava percorrere un lungo marciapiede, mi rimase impresso come lei in tutto quel grigiore di sfondo spiccasse così colorata.
ROSANNA PALOMBIT
Alle scuole medie inferiori, Miela Reina era la nostra insegnante di applicazioni tecniche.Applicazioni tecniche innovative, con lei sia le femmine che i maschi facevamo le stesse cose, sia maneggiare il traforo che usare stoffe e vernici, oppure ci sbizzarrivamo con la creta, con il polistirolo e con le varie pitture di tutti i colori. …mi sono sempre chiesta da dove derivasse il suo curioso nome di battesimo Miela.A quei tempi non mi sarei mai permessa di chiederglielo, così mi sono fatta una mia idea personale e cioè ho sempre pensato che fosse il femminile di Miele … e forse era proprio la cosa più giusta… dolce come il Miele.
LAURA PITTON
La sogno ancora, mi è talmente presente che ho ben impresse delle cose di lei: come fumava e gestiva la sigaretta, era come un gioco e il suo atteggiamento profondo e incisivo.Era un’insegnante espressiva, che mi ha aperto la voglia di confrontarmi con l’arte contemporanea; il suo incontro, la sua vivacità culturale e la voglia di conoscere è un insegnamento che tutt’ora mi porto dentro.
ROBERTO TIGELLI
Ora di Educazione Artistica: entra in aula la professoressa. La guardo incantata: è decisamente diversa da tutte le altre, che sono imprigionate nella seriale e severa austerità che l’epoca impone. LEI, con i capelli a caschetto di un castano cenere a striature bionde, un bel fisico snello e scattante, indossa disinvolta il suo “stile British” (quando pochi sapevano cos’era): dolcevita nera, gonna kilt rossa sopra al ginocchio, calze nere coprenti e ai piedi bassissimi mocassini in pelle nera. Porta gli occhiali da vista, che sono però un po’ più grandi rispetto la norma, tendenzialmente rotondeggianti. Ci sorride rassicurante presentandosi “mi chiamo Miela Reina e sono la vostra insegnante”. Ho conservato nel baule dei ricordi più cari un lavoro realizzato in stoffa, cotone e lana. Il tema era un grande pesce che LEI con un sorriso definì “un pesce Hippy”.
MARA VALLE
Non era la tradizionale insegnante lei era avanti anni luce, andava oltre e ci stupiva. Un giorno arrivò con una reflex e una radio e disse smontate questa radio e fotografatela, guardiamo cosa c’è dentro, allora non ci rendevamo conto della sua grandezza ma ne eravamo affascinati.
FABIO ZORATTI
Mostra alla Galleria Medusa di Capodistria
14/05/2015 – 12/06/2015